LA LUCE IN SALA


NEWS VARIE (E PERSONAL #9)
7 dicembre 2011, 2:50 PM
Filed under: News, Personal

COMPLEANNO: Lo scrivo o non lo scrivo? Ma sì, scriviamolo: il 3 dicembre la Luce in sala ha compiuto un anno! Complice la rarefazione di neuroni, la mancanza di post pronti e film visionati di fresco… nonché l’esplicita richiesta di qualcuno, oggi (con ben 4 giorni di ritardo) mi lascio andare a un resoconto un po’ narcisista e vagamente celebrativo… Ma no, scherzo ovviamente, non è proprio il caso di fare chiasso eppure… c’è nell’aria una certa soddisfazione. Mi sembra sia stato ieri quando incappavo nella lettura propedeutica titolata più o meno “10 consigli per aprire un blog”, scoprendo che la prima prova da superare nell’avventura fosse quella di resistere alla crisi del quinto mese. Secondo quell’articolo una buona fetta dei blog fondati ogni giorno morivano di lì a qualche mese, causa perdita dell’entusiasmo, dello sprint iniziale o della tiepidezza dei lettori. Beh insomma, all’anno ci sono arrivato, ecco, e così a mo’ di diario di bordo vi riporto qualche numero per niente sconvolgente ma che un giorno potrebbe farmi piacere rileggere: ad oggi sono stati pubblicati 156 post (alcuni oscenamente brevi, altri invece un po’ più interessanti), di cui 29 recensioni di lungometraggi (volevo arrivare a 30 ma pazienza) e 17 cosiddetti fotogramma/pensiero. Il mondo cinematografico mi ha dato una gorssa mano, palesando – e non possiamo che bearcene – un vero e proprio revival dei temi religiosi su grande schermo. Per sommi capi posso dire che la recensione in assoluto più cliccata è stata quella di Magnolia (un film ormai di qualche anno, ma che evidentemente incuriosisce e interroga ancora il suo pubblico) seguita a ruota da The Tree of Life e Il rito. Una vera valanga di contatti li ho avuti per l’articoletto striminzito su Pinion IV, il Papa di Cars 2 (ma pensa te…). La referrer list mi dice inoltre che i cattolici bramano i film che non arrivano mai sugli schermi: tantissime ricerche per “The Way in Italia”, “There Be Dragons distribuzione”, e via dicendo. Qualora il boss di qualche casa di distribuzione passasse di qua (come no?!?), ci tengo a far notare che l’aspettativa per Cristiada è alta, chiaro? Infine diversi internauti arrivano da queste parti cercando “lista film cattolici”, cosa che mi aiuta a capire l’effettiva utilità di una… beh, lista di film cattolici!

INTERVISTA A ZEFFIRELLI: Il notissimo regista cattolico, rivela oggi Avvenire alcuni interessanti retroscena della sua passata produzione religiosa. Lo sapevate che i Beatles dovevano partecipare al suo film su Gesù? E che nelle sue passate permanenze milanesi conobbe e frequentò il futuro Paolo VI? Leggete, leggete… Particolarmente significativa questa sua dichiarazione: ” […] ero stato turbato in molti momenti durante le riprese del film francescano, perché quando l’eternità dello spirito si traduce in una illustrazione, anche buona, significa sempre limitarla”.

LE STRAGI DEI CRISTIANI IN TV: Sempre da Avvenire (qui), apprendiamo che il 9 dicembre su Rete4 prenderà il via la quarta edizione di Storie di confine. In apertura un tema decisamente controtendenza, quello della virulenta lotta anticristiana nell’India odierna. La puntata è titolata “India, caccia ai cristiani”, e potrete vederla questo venerdì alle h. 23.45

CERCANDO LE SETTE CHIAVI: Parlavo qualche settimana fa del film Le sette porte, incentrato sulla spiritualità dell’architetto (forse futuro beato) Antoni Gaudì. Informazioni aggiornate legate alla prima ufficiale che si terrà venerdì 9 dicembre al cinema S. Spirito di Ferrara (alle h. 20.30), mostrano come ci sia stato un cambiamento di titolo, e rivelano alcune notevoli collaborazioni all’opera: “Josep Tarragona, biografo di Gaudì per la causa di beatificazione; Jordi Bonet, architetto direttore dei lavori alla Sagrada Familia; Etsuro Sotoo, famoso scultore giapponese che si è convertito al cristianesimo lavorando alla Sagrada e di cui il documentario riporta la forte testimonianza; M. Antonietta Crippa del Politecnico di Milano curatrice di tante pubblicazioni su Gaudì architetto e credente” (qui l’articolo completo, qui una bella video-intervista al regista-sacerdote Massimo  Manservigi). Un appuntamento da non perdere!



PERSONAL #8: WHO’S YOUR HERO?
4 novembre 2011, 11:12 PM
Filed under: Personal

Accetto volentieri l’invito di Lucyette a partecipare alla sua blog-catena di S. Antonio WHO’S YOUR HERO? Dopo l’iniziale entusiasmo mi sono però imbattuto in alcuni problemi: 1) il più grave: nutro per tutti i santi il generico e indiscriminato misto di venerazione, affetto e interesse che meritano… ma non ho una particolarissima predilezione per uno (o cinque) di essi!; 2) dato che sarebbe bello incastrare cinema e santi (come mi si suggerisce), sono costretto ad ammettere che non solo la mia conoscenza del cinema è tutt’altro che esaustiva… ma anche che molti film sui santi li ho visti secoli e secoli e secoli fa… mentre altri semplicemente non li ho ancora visti! 3) ogni volta che entro nel mio blog medito di cambiare la dicitura del menù qui a sinistra da “amici” in “blogroll”… in modo da poter linkare chi mi pare. Come se non bastasse ho proprio l’indole del lurker… come li trovo cinque blogger da coinvolgere?

La cosa più simile a una speciale affezione che posso offrire nella scelta è il trasporto tutto particolare che ho provato trovandomi nei luoghi protagonisti nel culto e nella celebrazione della memoria di alcuni santi. Pensavo, per dare un tono “cinefileggiante” alla cosa, di scegliere per raffigurare il santo un’immagine tratta da un film e, se possibile, tracciarne per ognuno un sintetico profilo cinematografico. I miei santi saranno di una banalità disarmante… ma pazienza.

I – Iniziare una catena di S. Antonio con S.Antonio è senza ombra di dubbio originale (dato che è talmente banale che nessuno ci avrebbe nemmeno mai pensato). Avendo sempre recitato una particolare preghiera   a Sant’Antonio per gli studenti (per me quindi!)*, una volta all’anno vado a dirgli grazie e… “mi raccomando, tieni duro!”. Fra l’altro ci sono stato giusto la scorsa domenica. S. Antonio è un po’ una superstar fra i santi e fa sempre effetto vedere quante persone ben più sofferenti di un semplice studente passino a dire una preghiera davanti alla sua tomba. È una figura sentitissima, un vero protagonista del panorama agiografico. A parte due titoli muti e la versione di Francisci del 1949, restaurata nel 2007 ma ancora introvabile (e “consigliabile solo alle anime pie”, dice il Morandini  a p.99, rendendocelo solo più interessante), abbiamo le due belle versioni televisive: quella di Umberto Marino (2002) e quella di Bellucco, Antonio guerriero di Dio (2006), per il quale ho trovato un interessante video intervista-backstage. Cerca che ti ricerca mi sono imbattuto anche in una versione animata in digitale per bambini del 2007, Saint Anthony, della Difarm Inc (qui il trailer). Nelle foto: Jordi Mollà, Antonio in S. Antonio guerrierio di Dio, e uno scorcio della Basilica di Padova dal Chiostro del Noviziato.

IIS. Marco. Un santo evangelista snobbatissimo dal cinema (ma è anche comprensibile: non tutti hanno tramandato una vita che si presti facilmente al racconto filmico). Gli sono legato perché la mia vita accademica è stata, per il periodo di qualche mese, intrappolata nella città di Venezia… un luogo che non ha bisogno di troppe presentazioni. Ripenso con un senso di liberazione a tutti quei giorni perduto nella folla di turisti, sempre di fretta, in un arcipelago gelido, ventoso, talvolta sommerso dall’acqua alta o spolverato da folate nevose. Di quei giorni ricordo bene il grandissimo senso di solitudine, la fatica, lo straniamento e certo… la strepitosa, incredibile bellezza di ogni singola calle e campo, ogni scorcio, ogni chiesa… Evitiamo troppe chiacchiere: ho scelto San Marco perché ho sempre trovato stupefacente che egli fosse davvero sepolto lì… e in tutto quei giorni, quando entravo per una preghiera la mattina presto e non c’era in giro ancora nessuno, ripercorrevo meravigliato, lasciando spaziare lo sguardo sulle alte volte dorate della Basilica, le avventurose vicende del recupero e trasferimento delle sue spoglie. Conoscete questa storia? Se non la conoscete qui potete trovare un riassuntino che val la pena leggere. Come anticipato di S. Marco non esiste, che io sappia, un film vero e proprio… compare solo in alcuni sceneggiati tv. Il più recente di questi, The Passion, è del 2008, ed è stato  prodotto dalla BBC (!). Ho preferito rivolgermi  per la scelta dell’immagine al più noto fra gli sceneggiati, ovvero il rosselliniano Atti degli apostoli del 1969 (cinque puntate). Nella foto, nei panni di S. Marco, l’attore Mohamed Ktari. Nell’altra foto, ovvaimente, la Basilica di S. Marco.

IIIS. Bernadette. Ovviamente parliamo di Lourdes… la Lourdes caotica e pacchiana dei supermercati di rosari, la Lourdes sconvolgente in cui di sera risuonano musiche da balera nell’aria,  della fede che si fa consumo, comfort a cinque stelle, souvenir… e che ti sbatte tutto questo in faccia costringendoti a vedere il tutto come un’assurda finzione commerciale… e che prima o poi, magari la seconda volta che ci torni… ti si stampa dentro per sempre. Una delle scene che ricorderò fino alla fine dei miei giorni è una messa in giapponese tenutasi nella grotta alle cinque di mattina. I magnifici canti mariani espressi in una lingua tanto differente dalla nostra, il senso di raccoglimento (saremo stati in tutto una trentina – io ero capitato lì “per caso”), la montagna di trolley impilata in un angolo che alludeva a un lunghissimo viaggio appena finito… mi ha regalato un momento di infinita suggestione. Ovviamente questo è solo un mio particolare ricordo, chi è stato a Lourdes (e crede) sa perché se ne sente la nostalgia. Per Bernadette la filmografia è decisamente più vasta: prima del bellissimo e famoso The song of Bernadette (Henry King, 1943), c’era stato il film muto La vie merveilleuse de Bernadette, di Georges Pallu, già nel 1929. In seguito, appena nel ’60 Il suffit d’aimer (Robert Darène) e poi una versione spagnola, Aquella joven de blanco (León Klimovsky, 1965). A segno dell’ inesausto clamore suscitato dalle miracolose vicende francesi, alla fine degli anni ’80 abbiamo ancora Bernadette (Jean Delannoy) e ancora, appena un anno dopo, La passion de Bernadette (ancora J. Delannoy). Fra le versioni tv scelgo di segnalare solo l’italiana Lourdes, (Lodovico Gasparini, 2001), dato che eccezionalmente Vittorio Messori (molto coinvolto dalla vicenda – ricordo che attualmente sta scrivendo un’opera sull’argomento) ha collaborato alla sceneggiatura. Termina il percorso un titolo ancora una volta francese, Je m’appelle Bernadette (Jean Sagols), di imminente uscita. Ne approfitto infatti per proporvi il trailer:

IVS. Michele Arcangelo. Mi chiedo a chi potrebbe non piacere S. Michele. Insomma, assomiglia a una specie di superman cattolico, un superhero! Un santo arcangelo orfano di film (mi sento però di essere comprensivo) ma, per consolazione, patrono di uno dei posti più mozzafiato ch’io abbia mai visto! Se non siete stati a Mont Saint Michel, cari lettori, cancellate crociere, week-end dai parenti, settimane a Lignano o Milano marittima… e andate a vedere che cos’è quel posto. Per andarci ho trascorso una snervante settimana in camper… ma la rifarei mille volte ancora per tornare proprio lì, in un luogo per il quale usare il cliché descrittivo “dove cielo e terra si toccano” è talmente calzante da essere obbligatorio. Un luogo pregno di spiritualità e storia dove la meraviglia arriverà a stordirvi, spazzando via ogni vostra eventuale tiepidezza. Non mi metto a raccontarvi nel dettaglio (per motivi di tempo e pertinenza) tutta la mia vacanza, ma sappiate solo che sotto un crudele acquazzone scrosciante (come se l’umidità della marea non fosse stata sufficiente), entrare in quella chiesa di fredda e nuda pietra sulla sommità del monte-cittadina-monastero, dove i canti gregoriani di una messa in corso rimbalzavano contro volte di gotica vertigine… è stata un’esperienza davvero trascendentale. Film: tasto dolente. Un arcangelo, che è anche un capo militare, che è anche uno che fa qualcosa di concreto nell’Apocalisse… non poteva non finire dentro dozzine di fumetti e filmetti fantastico-catastrofici. Per orizzontarmi nella selva di titoli e titoletti (per il 90% del tutto indifferenti a una visione ortodossa della figura dell’arcangelo) dovrei sottopormi a un’approfondita sessione di studio degli stessi… e questo post è già moooolto in ritardo rispetto all’invito. Quindi accontentatevi (per ora) della magrissima immagine tratta dal film TV San Giovanni – L’Apocalisse, Raffaele Mertes, 2002 (un tragico esempio di come i buoni propositi possano, senza consistenti iniezioni di denaro, essere insufficienti). Nel testo di Giovanni (Ap 12, 7-9) si parla di una “guerra nel cielo” nella quale vince “Michele coi suoi angeli”, ma nel film abbiamo un metaforico vortice composto di una forza bianca e una nera che si confrontano in un corpo a corpo. Non ho nulla in contrario alle rappresentazioni simboliche, anzi: trovo che nelle ristrettezze esse siano l’unica alternativa decorosa. Nella foto vedete (si fa per dire) “S. Michele con i suoi angeli”, e qui sotto invece Mont Saint Michel.

VAntoni Gaudì. Pur potendo scegliere fra qualche altro santo, magari di mastodontica tradizione (sia di fede che cinematografica – San Francesco o Giovanna d’Arco, per esempio) ho preferito, vista la possibilità di farlo, rivolgermi a un personaggio per cui il processo di beatificazione è ancora in corso (e sul quale non sono stati fatti che pochi documentari). Barcellona senza la Sagrada Familia sarebbe una città infinitamente meno interessante di quella che è adesso… Resterebbe una bella città, ma le mancherebbe il proprio simbolo, il simbolo di quell’identità specialissima che nasce e muore intorno alla figura del geniale architetto Gaudì. Nonostante non a tutti possa piacere questo particolare stile (ricordo lo sguardo sgomentato del mio ex-parroco davanti al tempio in costruzione e la sua incredulità alle mie parole: “Ma sì! Le dico che sono sicurissimo: è in corso il processo di beatificazione!!!”), la Sagrada Familia trasuda sacralità da ogni mattone. Io la vidi quando ancora gli interni erano solo un coacervo di impalcature, attrezzature e pulviscolo, ma ne fui colpito perché, sebbene conscio che molto poco di quanto rimasto fosse del tutto autentico (visto l’odio anticattolico degli anni ’30 che si spinse sino ad omicidi nel cantiere e a vandalismi sulla facciata della natività, facendo poi un rogo dello studio dell’architetto contente i progetti per il futuro a lui precluso), un’impronta dell’originario misticismo dell’architetto mi sembrava riconoscibilissima e, condizionato dalle notizie biografiche raccolte prima del viaggio, la sensazione che ogni calcolo fosse stato espresso come una preghiera… molto nitida. Sono sempre stato in attesa di un film che celebrasse l’estro creativo di questo grande testimone della fede, ma soprattutto il suo profondo spirito cattolico, ed è stato quindi con vero giubilo che ho appreso che proprio nel corso di questo mese (se tutto dovesse procedere secondo quanto annunciato dal regista Don Massimo Manservigi già ad agosto) verrà presentato a Roma Le sette porte. “È un lavoro già da due anni in cantiere” dice il regista, “[…] ed è stato commissionato dalla Diocesi di Barcellona per fare una sorta di biografia e approfondimento della vita di Gaudì, non sotto l’aspetto tradizionale e ormai conosciutissimo della sua grandezza artistico-architettonica, ma piuttosto della dimensione della sua vita di fede. Quindi il Gaudì della fede, essenzialmente. Si chiama Le sette porte perché si ispira al numero delle porte che sono state progettate (e stanno per essere costruite), della facciata principale della Sagrada Familia (la facciata della gloria), sono le sette porte per entrare nella chiesa che rappresentano i sette sacramenti. E siccome Gaudì e la Sagrada Familia sono speculari nei loro contenuti, l’accesso all’uno non può che essere l’accesso all’altro… e quindi ci sono sette porte anche per conoscere il Gaudì della fede. Il lavoro era già finito a settembre dell’anno scorso. Poi è successo che il Papa (e a me questo, voglio dire, è piaciuto moltissimo però mi ha creato una difficoltà), è andato a Barcellona a inaugurare la navata centrale con l’interno tutto rinnovato. Il lavoro era stato fatto con la navata non ancora conclusa e quindi il risultato finale era non dico da buttare… ma da rinnovare completamente. Quindi quest’anno sono state girate le riprese con l’interno come è stato inaugurato” (fonte). Chiudo con questa notizia cinematografica semplicemente stupenda. (Nella foto, provvisoriamente, il Gaudì autentico).

Ecco fatto! In ritardo come sempre ma è fatta (con la tempistica di questo periodo questo post l’avrò scritto in qualcosa come dieci micro-sessioni). Ringrazio Lucyette e rimbalzo la palla a blogger per forza di cose già nominati: Lucyette e Cecilia. Poi provo a coinvolgere Thérèse e Davide

Alla prossima!

* L’ unica notizia che non vai a controllare (perché in fondo sei certo di quello che stai dicendo) deve sempre essere sbagliatissima! Prima del testo che potete leggere adesso, avevo scritto che S.Antonio è il patrono degli studenti… assolutizzando quella che invece è una particolare declinazione devozionale consolidata in un circuito -non troppo ristretto in realtà- di parenti/conoscenti/amici. Grazie mille a Je per l’intervento di salvataggio!)



PERSONAL #4: FENOMENOLOGIA DEL CINEMA-LUOGO PT.2
2 giugno 2011, 9:33 am
Filed under: Personal

Ecco un’altra puntata di “Personal”, la rubrica mozzafiato de La Luce in sala che, tra una news e una recensione ricorda a tutti quanti (me compreso) che questo spazio online è anche un blog. Continuiamo con la fenomenologia del cinema-luogo pt. 2, tenendo ben presente che non so ancora come riuscirò a sviluppare -di nuovo- un discorso che sia cinefiliaco e vagamente cristiano (ma poi, chi l’ha detto che lo devo fare ogni volta?). Potrei iniziare dall’esperienza di quel particolare mercoledì sera, approfondendo (e riciclando) il problema denunciato nella penultima puntata. Vi faccio una domanda: sapete cosa c’è di peggio di un cinema stracolmo di ragazzini urlanti che strepitano e lanciano battute bestiali contro il protagonista del film proprio mentre questo poveretto sta rivedendo tutta la sua esistenza? Ebbene: andare a vedere un film dell’orrore in un una sala immensa e… deserta. Proprio per arginare il problema cui accennavo qui sopra sono divenuto col tempo un amante del cinema del mercoledì (o lunedì, dipende!). Il motivo non è univoco, miro anche ad arginare la spesa sempre più ingente del biglietto, il quale recede dalla scandalosa cifra di 8.50 € – offrendo un risparmio di convenienza inaudita che fortunatamente non smuove le masse – a 6.50 € (o addirittura 5.50 €, dipende). Sì cari miei, nonostante io sia tutt’altro che un risparmiatore compulsivo, per quei due euro mi metto micragnosamente a contare i centesimi… perché vedersi un film non può costare come un DVD o un libro: no! A questo proposito, avete sentito che la minaccia di rincaro del biglietto è stata miracolosamente scongiurata? Tanto meglio, altrimenti vi sareste sorbiti solo recensioni di vecchi vecchissimi classici, e vi immagino già a boccheggiare disperati di fronte alle locandine promozionali di dimensioni monumentali, in preda al panico (certo…)! Beh torniamo a bomba, il cinema del mercoledì dicevo. Sì, è una vera benedizione! Non c’è traffico, non c’è fila, non c’è ressa; c’è perfino quasi silenzio in sala. Insomma, una vera verissima favola. Se non che… quel mercoledì io e mio fratello, da fans della nota saga horror abbiamo deciso di onorare, tardivamente (e cioè quando si placano gli entusiasmi – attenzione con questa tecnica: a furia di aspettare abbiamo mancato Harry Potter e i doni della morte pt. 1 interrompendo una tradizione che proseguiva da ben 7 anni), onorare tardivamente, dicevo, la presenza in sala dell’atteso Scream 4 (concedetemi la parentesi critica che non posso trattenere: metacinema all’ennesima potenza per un sequel/reboot di insperabile freschezza, tanto il piacere di ritrovare gli attori “storici”, poca la paura – o sono io che ormai ho i nervi devitalizzati?). Arriviamo in abbondante anticipo (sia mai che ci sia stra-pieno): il cinema designato è un multisala incastonato nell’area commerciale di Verona, e le sorprese sono sempre in agguato. Comunque compriamo il biglietto (scontato eh!), e l’omino dello strap ci strappa distrattamente il talloncino battezzandoci ufficialmente come spettatori. Saliamo la lunga scala e arriviamo nell’enorme spiazzo rivestito di moquette silenziosissima che conduce a tutte le sale. Non c’è un’anima. Le luci sono soffuse, i corridoi lunghi, deserti… pieni di sagome di cartone promozionali un po’ vecchiotte e sfatte. I nostri passi sono incredibilmente attutiti… solo il rumore lontano del piano di accesso ci ricorda che non siamo…soli. Insomma senza eccessive paranoie, perché non ne abbiamo, entriamo nell’ ulteriore corridoio nero illuminato zenitalmente da faretti distanziati e lattiginosi…giriamo l’angolo e… ci troviamo davanti a quattrocento sedili vuoti… una falange incredibile di niente. Non ci sarebbe proprio nulla di eccezionale… se non fosse così straniante stare in un luogo particolare come il cinema, concepito per la ressa, completamente da soli. Ah, ma non finisce qui. Prendiamo posto scrupolosamente secondo quanto dettato dal biglietto… e dopo due minuti, come da copione, mio fratello corre in bagno. Non mi ritengo per nulla uno che si fa impressionare facilmente… ma parato così davanti allo schermo bianco, in una sala dal volume immenso e insonorizzata in modo surreale… ho quasi (sottolineo quasi) avuto paura. E mi è naturalmente tornato in mente il mio post fastidiosissimo dove mi lamentavo degli spettatori rumorosi… nonché il primo episodio di Ai confini della realtà… Ho iniziato a guardarmi intorno.. dietro di me nessuno… nella finestrella del proiettore la luce era ancora spenta: ma quanto cavolo siamo in anticipo? Prendo il cellulare e guardo l’ora… dovrebbe iniziare adesso (la raffica di trailer, si intende). Inspiegabilmente inizio a temere che spengano le luci. I film dell’orrore non mi spaventano troppo… ma… mi ritornano in mente le scene dei capitoli precedenti (in primis quella iniziale del secondo, con l’assassinio in sala, durante la proiezione). Non mi faccio trasportare più di tanto… insomma, sono adulto… e come sempre cerco di essere razionale. Subito dopo comunque è entrato qualche altro spettatore (per fortuna), è tornato mio fratello, sono arrivate altre 5-6 persone, le luci si sono spente (e riaccese: il proiettore si è inceppato – con tanto di voce del proiezionista al telefono che non faceva ben sperare “Cosa faccio? Si vede verde! No, ho provato a riavviare… No, non si sblocca…” eccetera). Qual è la morale di questo inutile discorso? Che se vai al cinema di sera tardi a vedere un film dell’orrore e se, nonostante tu non sia ultra-suscettibile, non sei nemmeno un pezzo di marmo… forse dovresti apprezzare anche la presenza di qualche “ragazzino” che lancia bestialità contro lo schermo. Insomma… come ho già detto l’esperienza del cinema si assapora anche collettivamente… non sempre la cosa potrà essere distensiva, ma una componente di piacere nello stare assieme c’è sempre (soprattutto se subito prima avete avuto la sensazione di essere rimasti gli ultimi esseri umani sulla terra) :)



100° POST – PERSONAL #3: BENEDETTO XVI NEL NORDEST- TU CONFERMA LA NOSTRA FEDE
12 Maggio 2011, 1:56 PM
Filed under: Personal

È stata un’esperienza. Nell’arco della mia “lunga” vita non avevo mai visto un papa dal vivo. Domenica è successo: siamo partiti da Verona col treno della diocesi a un quarto alle sei, stipati (io, mia sorella, mio fratello e la mia amica Alessia) su due sedili nel piano alto di un vagone dal soffitto fastidiosamente basso. Tante suore, tanti preti, una vera valanga di scout e poi famiglie, famiglie, famiglie. Il treno è stato una scheggia. Abituato come sono a fare la spola dalle biblioteche di Venezia coi regionali che si fermano ogni quattro traverse di rotaia mi è sembrato di arrivare in un nanosecondo. Ah, faceva freddino. Scesi come fulmini ci siamo composti in un enorme mandria che ha invaso, come un solo uomo (ciclopico), la banchina per le navette. Seguendo le agili mosse di Don Giorgio, il parroco che ci ha presi con sé, abbiamo preso una delle prime navette pregando di riuscire a salire tutti (noi 4, 3 suore e il don) sullo stesso mezzo (pena il ricongiungersi la sera, alla macchina lasciata al parcheggio poco lontano dalla stazione Porta Nuova di Verona). Già lungo il tragitto verso il Parco di San Giuliano abbiamo preso coscienza di che cosa significhi la visita di un papa per una città: strade deserte alternate a nugoli di biciclette inforcate da pellegrini, o squadroni di pedoni (sempre pellegrini) riconoscibili dalla borsina gialla con stemma di Benedetto XVI, detta appunto “del pellegrino”. Militarescamente il tragitto è punteggiato da poliziotti, vigili, tanti e tanti volontari: chi all’organizzazione degli enormi parcheggi ancora deserti, chi a vegliare sulle strade chiuse, chi ancora ad indicare la via forsennatamente. Sono stupito dall’organizzazione e dalla vastità incredibile dell’operazione. Arriviamo al ponte di accesso del parco e ci mettiamo in coda. Sì, c’è la fila… ma non sembra niente di che. Mi aspettavo più gente… Entriamo nell’immenso parco (il più grande d’Europa) e scorgo un cordone di fedeli che si perde all’orizzonte. Beh, forse non siamo pochissimi… “meno male”, penso: ci tengo che il Veneto faccia bella figura col Papa… mi son miracolosamente smosso perfino io! Sempre seguendo Don Giorgio risaliamo la corrente come salmoni… gli altri sono gruppi numerosi con striscioni, tamburi, chitarre, bambini al seguito… noi siamo in 8: con qualche acrobazia e col rischio di scivolare nei fossi dagli argini roridi di rugiada arriviamo perfino in testa alla colonna, la quale, minacciosamente, dietro di noi sembra essere infinita. C’è ordine, tranquillità… un’atmosfera distesa a cui non sono per nulla abituato, in simili assembramenti di folla. Ma che dico? L’assembramento di folla più grande che mi è mai capitato è quello della sagra del paese (che in effetti fa un bel chiasso)! Don Giorgio devia verso il suo reparto e ci lascia con le suorine a varcare l’arco di accesso all’area liturgica. Siamo in testa alla fila! Ci siederemo sotto al palco, proprio come immaginavo! Che povero illuso sono… si vede che non sono un assiduo frequentatore delle visite papali. I settori sotto al palco sono già traboccanti di fedeli (giunti autonomamente sin dalla notte per prendere il posto). Le suorine supplicano pietà verso i volontari che ci sbarrano la strada… oh, son suore, loro ci provano! Niente da fare.. giustamente veniamo sospinti nei settori sulla collina. di gente ce n’è parecchia… ma avrei detto dovesse essere di più… mah! Di questi tempi… Insomma prendiamo posto. Siamo lontanissimi! Il disappunto vola via subito. Montiamo la seggiolina di cartone… (si avete capito benissimo… di cartone: non essendo io un fuscello ho paura a sedermici… insomma, è pur sempre di cartone! Le do una mezz’ora di vita). Sono le 8.30 mi pare… noi siamo già a posto ma la fila interminabile di fedeli continua infinita, sistemandosi nell’immenso prato transennato… non accenna ad esaurirsi, prosegue a perdita d’occhio. Dagli altoparlanti giungono messaggi di avvertimento: sì alle bandierine e agli striscioni (ce n’erano di bellissimi) durante il saluto al Papa, farli poi sparire durante la messa. Passa un’ora… l’atmosfera inizia a farsi eccitata. Passano elicotteri in continuazione… ogni tanto la marea umana inizia a far fremere le bandierine (oh, non la sapevamo che arrivava via mare!) Il coro (1066 elementi) inizia con dei canti straordinariamente belli. Il Papa arriva! Da dove? Non siamo affatto vicini alle transenne… la famiglia piazzata dieci centimetri davanti a noi sfodera uno striscione gigantesco che ci appare il più crudele dei sipari, ma poi, all’ultimo momento… lo solleva altissimo, una folata di vento lo scosta… e la papamobile è abbastanza in alto anche per il nostro sguardo. Sono una delle persone più ciniche che conosco, poco incline all’emozione. Pensavo che vedere il Papa mi avrebbe fatto piacere, che sarebbe stato bello. E invece mi ha davvero colpito. Senza esagerare, facendola breve, posso dire che mi ha profondamente emozionato. L’ho visto, sentito, letto, migliaia di volte in tv, radio, giornali… ma vederlo è stato un tuffo al cuore. Particolarmente intenso è stato partecipare anche a tutta la messa… che forse avrete seguito anche voi in tv. Concludo in fretta i patetismi e passo ad alcune conclusioni. Domenica non sono riuscito a quantificare che fossimo in 300.000 fedeli (una strage di gente insomma… mai se ne era vista tanta al ParcoSan Giuliano). A un certo punto di saturazione visiva il conteggio diviene una pratica senza fondamento. Andare a Mestre mi ha catapultato nella Chiesa viva, quella che smuove le masse, quella che è cattolica… (universale, un aggettivo spesso difficile da afferrare pienamente, da comprendere con l’esperienza), mi ha messo in mezzo alla prova che i cattolici sono tanti… e che quando serve, si fanno vedere e sentire! Qualcuno dei lettori c’era?

p.s. La seggiolina di cartone ha tenuto anche nel pomeriggio (mi ci son seduto durante il pic nic, al bar mentre aspettavamo il treno, al binario) e ora è qui, a casa… in attesa di essere usata ancora!



BUONA PASQUA
24 aprile 2011, 11:26 am
Filed under: Personal

Auguro a tutti i lettori, calorosamente, una Buona Santa Pasqua. Oggi Cristo è risorto… non c’è, né potrebbe esserci, giorno più radioso.

Come pensiero di Pasqua ecco una foto di una scultura a cui sono molto affezionato. L’artista è Andrea Jori.



PERSONAL #2: FENOMENOLOGIA DEL CINEMA-LUOGO pt.1
10 marzo 2011, 7:33 PM
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Convinto che ogni tanto debba concedermi una finestra per sproloquiare in libertà in modo da creare un’atmosfera amichevole, vi parlerò quest’oggi di un tragico controsenso che anima il mio essere cinefilo. È una confidenza, per cui, acqua in bocca… ma sono un’amante del cinema che… non ama andare al cinema. Immagino che possa suonare abbastanza grave come rivelazione e che, in fondo, sarebbe come dire che un amante d’arte non gradisce le mostre, o che un gourmet mangia solo cibi surgelati… ma purtroppo è proprio così: vado al cinema davvero, davvero di rado. È un fatto grave “solo” sul piano ideale, in quanto al giorno d’oggi la distribuzione per l’Home Video è assai più agile rispetto a qualche tempo fa e le tecnologie più recenti garantiscono una qualità per nulla secondaria a quella ricercata da chi si fionda, abitudinariamente, al cinema. Ma sono veramente così arido da rinnegare il valore di recarsi al cinema? No, affatto. La magia del cinema nasce (escludendo in questo discorso il sottinteso processo creativo, e rivolgendoci alla nascita dell’opera in quanto opera percepita dall’occhio/cervello, dell’opera che esiste insomma in quanto a esistere è il suo pubblico) nasce, dicevo, al cinema-luogo. Recarsi a incontrare un’opera è un preciso compito dello spettatore che può, così facendo, spalleggiare in prima persona nello specifico l’operato, il pensiero, la carriera di un regista, attore, sceneggiatore particolarmente amato o seguito e, nel generico, contribuire col proprio interesse diretto a far girare la voluminosa macchina del cinema, sia nell’aspetto più prosaico del contributo finanziario, sia in quello più immanente dell’incentivo solidale/spirituale a quell’operazione, quella ricerca, quell’estetica/filosofia. Il cinema ovviamente non è solo questo… è luce che si spegne, è immersione totale nel film garantita da un luogo che è voluto proprio per garantirlo. Ma allora?

Ebbene, a costo di apparire per quell’arcigno pedante esteta che sono… dirò che, pur reputandomi una persona abbastanza paziente, quando sento la gente che parla al cinema, un pezzo di me muore (e fatalità sempre un pezzo della parte razionale). Ora mi affretto a controbilanciare: non ho niente contro le risate o gli spaventi collettivi che sono quanto di più istantaneamente empatico con un totale sconosciuto si potrà mai costruire (e dunque qualcosa di miracoloso e bellissimo), ma bensì io veramente odio, e lo dico spudoratamente su un blog cattolico, le persone che PARLANO… le persone che BLA BLA BLA. Ora, se ci siamo recati tutti nel tempio del cinema per celebrare il rito pagano del proiezionismo contemporaneo, perché tu, donna o uomo pagante quanto me, parli del libro che hai letto ieri (magari proprio quello da cui è tratto il film), o del Mirko/Marika che ti ha guardata/o così, o del fatto che a cena avete mangiato troppo pesante e forse (lo dite voi eh, non io) era meglio se saltavate il cinema e andavate a casa??? Non mi pare di fare la figura del misantropico rompiballe. Io so (ma veramente) di avere un deficit comportamentale per cui quando guardo un film non apro bocca fino alla fine, non mi muovo fino alla fine, mi sforzo di ignorare commenti e rispondere alle domande in meno di due parole e, se posso, il film me lo vedo… da solo, da vero sociopatico, per capirci. E so anche di praticare l’arte zen del controllo, per cui se uno ha la tosse ovviamente mi disturba ma non mi dà fastidio; se uno bisbiglia ok… in fondo si va al cinema anche per stare insieme no? Una fugace battutina all’orecchio che sarà mai? Se uno sgranocchia i popcorn… beh, non è piacevole, ma fa parte del rito del cinema no? E per estensione ne fa parte pure il fondo della Coca risucchiato dalla cannuccia. Non mi infastidiscono per nulla i bambini che anzi, quando sono il pubblico di un film concepito per loro divengono parte stessa dell’esperienza cognitiva. Ma quando qualcuno PARLA… beh, quando parla… prometto solennemente che non metterò mai più piede al cinema. Si, lo so, potrei essere rompiballe fino in fondo e zittire il maleducato di turno… ma non fa parte di me. Mi piace coltivare le mie isterie nell’intimità, nel luogo caldo e accogliente che è la mia psiche (martoriata). Non capita spesso, grazie al cielo, altrimenti al cinema non ci metterei proprio piede, ma quando capita quella volta ogni due… beh, è sufficiente. Anche perché… non so se lo avete notato, ma quando qualcuno ha la sfrontatezza di parlare al cinema, ha la sfrontatezza di farlo per lunghe parentesi discorsive. I peggiori sono gli adolescenti, o i giovani ante maturità in genere… perché credono che il buio di una sala dia loro lo stesso potere che si prendono nell’ultima fila di una classe affollata… e se gli scappa, passano pure tutto il tempo del film a scalciare allegramente il sedile che hanno di fronte. Il secondo posto va ai cinquanta-sessantenni che, con l’atteggiamento di chi dalla vita ha ottenuto abbastanza (e dunque un film risulta in sovrappiù), non si rassegnano allo spreco di tempo riciclandolo chiacchierando a tono medio-normale. Il terzo posto va alle persone (di solito ragazze) che ammettono con dovizia di particolari, (a voce alta perché terrorizzate), di star avendo decisamente troppa paura per il film horror cui sono state obbligate da fidanzati/amici/nemici a presenziare.

Ma ora veniamo all’antidoto degli antidoti.

Qualora il pubblico in sala non fosse silente come una tomba, sapete quand’è che tutto diventa sopportabile? Esattamente quando capita di accorgersi che un film sta parlando a tutti con efficacia, indifferentemente dall’età, il tipo sociale o l’interesse per il film, andando a tramutare quella che prima era una massa scomposta, in un unico corpo umano rapito e attonito nel silenzio da un momento di forte dolore, paura, tensione, attesa… un momento assoluto che viene trasmesso con l’universale linguaggio delle immagini e del mutismo, e che equipara ognuno all’umanità dell’altro: è bellissimo, e vale ogni sopruso uditivo precedente… C’è, in quel panico momento di sospensione (della platea e della pellicola), un secondo in cui mi ritaglio un pensiero per rendermene conto, sacrificando di cuore una manciata di fotogrammi al momento della vita, alla sincronia emotiva dell’uomo, un uomo che sa capire sempre il linguaggio telepatico dell’arte, il linguaggio del cinema.

Anche se non vado spesso al cinema lo ammetto… nel salotto di casa tua, questo non succede. (continua)



Personal #1-tris: INTRO
2 febbraio 2011, 10:20 am
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Se dovessi confessare una cosa che manca al blog, pistola alla testa, sarei proprio costretto a denunciare … un po’ di calore umano. Un blog non è un sito vero e proprio no? È un diario, una bacheca online aperta agli occhi del mondo… Perché dovrei limitarmi a inanellare una sfilza di recensioni e articoli gli uni più asettici degli altri, quando potrei prendere effettivamente esempio dagli altri blogger che seguo con trepidazione? Uhm… non certo perché abbia da dire qualcosa di importante…o interessante. Ma in fondo confido che la miracolosa pluralità che internet riesce a incanalare verso l’uno o l’altro sito mi esponga a lettori…come dire… inconsueti, o che non hanno di meglio da fare che sorbirsi i colpi bassi di un malato di cinema (per dirla alla Bertolucci). Me lo sono chiesto, che cosa mancasse al mio blog, e ho appurato che la grande compostezza che ci stavo mettendo lo stava rendendo…barboso. Lo so, il cinema come “cultura” tende a spaventare un po’ la gente… molti (io per primo), vedono nel cinema come prima cosa una maniera di ammazzare il tempo in modo sano, comodo e piacevole (se sapete scegliere bene secondo i vostri gusti o siete fortunati), e dunque un blog sostanzialmente di “analisi” e informazione settoriale (in modo grave), molto spesso scoraggia la lettura. Aggiungeteci che il cinema “cattolico” assai frequentemente parla di questioni allegre solo, come dire, in “senso lato” (morte, martirio, crocifissioni, persecuzioni, malattie…) facendo sospirare al malcapitato impiegato d’ufficio (che si concede una piccola pausa mentre il capo è “di là”), o al giovane che si chiede “come posso fare per sapere tutto, ma proprio tutto tutto, sul cinema cattolico?”, nonché al catechista bisognoso o all’anticlericale in cerca di pungoli: “UFFA!!!” Tutto questo mi impone di cambiare strategia, perciò da oggi La Luce in sala non sarà solo cinema e “roba de cesa” (in dialetto veneto, e con tono velatamente dispregiativo: “roba di chiesa”). Forse dovrei lasciarmi un po’ andare allora, e ogni tanto buttare giù due righe su di me, su quello che faccio, quello che mi capita di pensare… così, giusto per sciogliere un po’ il ghiaccio, per fare un post in più con stress in meno… (qui volevo arrivare!!!!). Perciò intanto oggi mi fermo qui all’introduzione… ma vi do appuntamento alla prossima!

p.s. la numerazione 1 tris è dovuta al fatto che ho deciso di inserire nella categoria “Private” altri due post scritti un pò di tempo fa… dunque, mera logistica!



SANTO NATALE 2010
24 dicembre 2010, 9:36 PM
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Carissimi lettori de la Luce in sala, vi ringrazio per la vostra attenzione e vi auguro, col cuore, un sereno Santo Natale.



MANIFESTO DE “LA LUCE IN SALA”
3 dicembre 2010, 5:06 PM
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Salve a tutti… E benvenuti.

La Luce in sala vuole essere un luogo virtuale nel quale mostrano convergenza due mie grandi passioni che trovano, talvolta (ma assai di rado parlandoci francamente), l’una nell’altra,  occasione di creare magnificenza, verità e bellezza. Entrambi i termini di questo connubio sono enunciati nel nome del blog, che vorrei ora divertirmi a sciogliere nei diversi significati.

Il cinema è, ovviamente, il primo termine che viene richiamato dall’espressione “luci in sala!” e che ci dice tradizionalmente del momento in cui il film è terminato, gli occhi si riabituano alla luce non proiettante e finisce, per così dire… il sogno. Arriva allora inevitabile il momento della valutazione, del confronto, del giudizio: si vogliono infatti porre qui alcune riflessioni sui film, le storie e i significati, a mò di diario critico (del tutto amatoriale e senza pretese di nobiltà, ma con uno sforzo di oggettività e di applicazione di alcune semplici, generali, nozioni culturali). L’altro termine è certamente più importante, sebbene necessariamente secondario: quello religioso (nello specifico di impostazione cristiano-cattolica), espresso dove con l’articolo determinativo femminile “la”, si individua non una qualsiasi luce, un anonimo baluginio, bensì la Luce che, per chi condivide lo spirito del blog, è l’unica vera Luce . Mi piace focalizzare perciò l’attenzione, e andando dunque al nocciolo della questione senza ulteriori perifrasi, sul genere religioso in senso ampio, e dunque non necessariamente di stampo agiografico, (filone che quando lo riterrò opportuno tratterò comunque), ma rivolgendomi a tutto il cinema capace di mantenere uno spiraglio di apertura verso Dio, la speranza, o semplicemente il dubbio. Mi riservo in questo senso ogni elasticità di selezione dei titoli, avendo a disposizione esclusivamente criteri personali!

Montgomery Clift, da "Io confesso", Alfred Hitchcock, 1953.

Su questo gioca il nome del blog: la luce della settima arte che tributa a Dio un servizio di celebrazione e, quando possibile, rappresentazione, (intesa nelle migliaia di accezioni possibili), e la Luce che fa della settima arte un’occasione di riflessione assai più intensa, di dialogo stringente su questioni urgenti, assolute, inevitabili per ognuno di noi.

Ovviamente la lettura di laluceinsala è aperta a tutti, purchè anche chi assume posizioni avverse su quanto espresso, e voglia manifestarlo, lo faccia con la dovuta calma, serenità, coscienza di dover concedere dignità intellettuale anche al prossimo :-) Suggerirei inoltre a quanti sentissero fastidio per quanto enunciato in queste pagine, di concentrare la propria attenzione su materiali di diversa natura (altrove), dato che qui la religione viene data per assodata, e anzi, viene persino applicata come metro di selezione/valutazione. Evitiamo di confrontarci qui su questioni che stanno veramente, veramente a monte!

Il connubio cattolicesimo-cinema è consueto? Credo che la risposta la conosciate tutti. Se parliamo di cinema di qualità, al di fuori delle pur apprezzabili (quando lo sono) fiction televisive italiane, non rimane molto… Ma il bello della ricerca sta tutto qui! Scoprire dei significati nascosti in prodotti di insospettabile profondità, trovare un debole richiamo di tormento nascosto e non dichiarabile… e soprattutto, ripercorrere la storia del cinema e riscoprire opere forse dimenticate, o forse lasciate in disparte…

Il Blog sarà aggiornato con ritmi altalenanti, ma cercherò di comporre almeno un aggiornamento a settimana. Spero nella vostra partecipazione per aiutarmi a coltivare una delle qualità di cui più sono sprovvisto: la costanza! (Confesso di sapere quanto possa essere controproducente una simile ammissione nel manifesto di un blog… ma auspico che riconosciate la difficoltà di recuperare il materiale, e la quantità di tempo necessaria per setacciare una produzione cinematografica che ha ormai raggiunto proporzioni impossibili da ricondurre a un controllo totale.)

Mi riservo inoltre, essendo io uno spirito sballotato da dozzine di interessi, più o meno brucianti,  di toccare di tanto in tanto argomenti laterali, affini o poco affini, (o quasi per nulla affini o affini solo con una forzatura :-)… in modo da impostare un variegato canovaccio di spunti e riflessioni, le quali dovranno tuttavia ricondursi, quanto più possibile, alla natura propria del progetto: mostrare Dio e la Chiesa Cattolica all’interno della settima arte.

Buona lettura!